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19/1/2021

UNDERACHIEVEMENT: quando i ragazzi si ritirano dalla sfida dell'apprendimento Di Roberta Renati

Ancora oggi, nell’immaginario comune gli studenti plusdotati vengono idealizzati come “piccoli geni”, “bambini prodigio” che, senza alcuna difficoltà, riescono ad avere ottimi risultati negli apprendimenti e nelle relazioni, procedendo in un percorso di vita lastricato di successi. Un pregiudizio di questo tipo è molto pericoloso, perché oltre a definire delle aspettative irrealistiche sui bambini/ragazzi gifted, mina la possibilità da parte degli adulti, siano essi genitori o insegnanti, di riconoscerli e, di conseguenza, di supportarli nel modo adeguato. I bambini /ragazzi plusdotati sono un gruppo estremamente eterogeneo e non possono essere definiti solo sulla base del loro potenziale cognitivo. Le variabili in gioco sia a livello individuale che contestuale sono molte, e la loro interdipendenza segue strade uniche, che in certe circostanze e per certi individui possono diventare impervie e tutt’altro che lineari. Non dimentichiamoci che il quoziente intellettivo è un indicatore della presenza di un elevato potenziale ma non rappresenta la sicurezza che questo si possa realizzare. 

Quando uno studente dotato non riesce a concretizzare appieno il suo potenziale si parla di underachievement, un fenomeno che è stato definito da Reis e McCoach (2000) come “una grave discrepanza tra i risultati attesi (misurati in base ai punteggi dei test di rendimento standardizzati o alle valutazioni delle capacità cognitive o intellettuali) e i risultati effettivi (misurati in base ai voti della classe e alle valutazioni dei docenti)”. È bene evidenziare che la condizione di underachievement non è legata ad una diagnosi di disturbo dell’apprendimento, e deve persistere per un periodo di tempo prolungato. Una ricerca di Siegle (2018) mostra che molti studenti dotati devono affrontare questo problema nell’arco del loro percorso formativo, e che si tratta di una condizione trasversale al livello socioeconomico e culturale.

Al centro della questione dell’underachievement vi è l’incapacità degli studenti gifted di realizzare il loro potenziale, e di trasformare il loro dono in talento, accogliendo le sfide dell’apprendimento. È una condizione che rappresenta una sfida importante (e terribilmente frustrante) per le famiglie e per i docenti, che spesso si sentono impotenti, vedendo i ragazzi “spegnersi” e abbandonare la “partita”.

Il fenomeno dell’underachievement può manifestarsi perfino a partire dai primi anni scolastici, anche a causa di un pericoloso calo motivazionale, legato alla discrepanza tra il bisogno di stimolazione dello studente e un programma didattico non sufficientemente sfidante. Questa condizione di frustrazione protratta nel tempo può avere ripercussioni drammatiche, avendo un impatto notevole sugli apprendimenti, sull’autoefficacia e sull’autostima degli studenti, influenzando gli obiettivi che i ragazzi sceglieranno di perseguire e il modo in cui li affronteranno (Siegle, McCoach, & Roberts, 2017). 

 

Ma cosa porta lo studente a diventare underachiever?
Chiaramente non è possibile generalizzare; le cause e le motivazioni sottostanti a questo insidioso processo sono differenti per ogni individuo e, non esiste un intervento “standardizzato” applicabile a priori, che possa essere efficace per tutti. È infatti necessario tenere presenti diversi fattori intervenienti sia individuali che ambientali. Ad esempio sappiamo che alcuni studenti plusdotati tendono a voler nascondere il proprio potenziale, non vogliono mostrarsi ai pari, a volte per timore di non essere accolti nel gruppo, per questo abbassano le loro performance scolastiche; altri studenti possono soffrire la pressione della sfida, avere aspettative irrealistiche, mostrare un perfezionismo disfunzionale, temere il fallimento, faticare a gestire emotivamente la novità, mostrare ansia, non riuscendo così a dare il meglio di sé. Gli studenti doppiamente eccezionali possono avere un disturbo clinico che interferisce con le loro prestazioni. Inoltre, la letteratura clinica suggerisce che, le cause possono risiedere anche in situazioni legate alla vita quotidiana che, per i più svariati motivi, possono essere vissute come stressogene e/o emotivamente attivanti, anche se, in questo caso, non sempre si tratta di esperienze profondamente negative. 

 

Tra le cause più citate in letteratura (Siegle, 2018) troviamo il doversi confrontare con una nuova esperienza, un cambiamento nella struttura famigliare (es. l’arrivo di un fratello, un matrimonio, una separazione, la perdita di una persona cara, ecc.), un trasferimento di abitazione, il cambio di ciclo scolastico, il trasferimento in una nuova scuola, un ambiente scolastico inappropriato, una spinta alla competizione malsana, e anche un’adultizzazione del bambino con un conseguente investimento di aspettative.                                                        

Il rapporto con i pari è sicuramente un elemento che può incidere fortemente sul fenomeno dell’underachievement, e va monitorato. Come sappiamo è proprio nei delicati anni della preadolescenza e dell’adolescenza che diventa centrale il tema della popolarità nel gruppo. Può capitare che chi si impegna molto in ambito scolastico può temere di venire associato alla categoria impopolare dei “secchioni” o dei “nerd” (Henfeld, Owens, & Moore III, 2008; Rimm, 2005; Schultz, 2002). Alcune ricerche hanno messo in luce come gli studenti gifted underachiever possono percepiscono l’influenza dei gruppi di pari come un rilevante ostacolo per l’espressione del loro potenziale e per il loro successo (Clasen & Clasen, 1995). 

Altro elemento che va preso in considerazione in questo delicato momento storico, sono le limitazioni e i cambiamenti delle routine imposti dall’emergenza sanitaria Covid-19, che hanno ridimensionato e modificato in breve tempo la quotidianità delle famiglie. La chiusura della scuola e l’impossibilità a vivere un quotidiano con gli amici, ha portato, nel corso della prima e della recente seconda ondata, ad un progressivo ritiro emotivo e relazionale di molti ragazzi, che sta avendo ripercussioni drammatiche sulla motivazione e sugli apprendimenti. Questo malessere sta colpendo anche a studenti che, in precedenza, non presentavano problematiche legate all’underachievement.  Ci troviamo di fronte a ragazzi sofferenti che stanno perdendo la fiducia nel contesto scolastico (e sociale più allargato), e che faticano a trovare un senso rispetto agli obiettivi di apprendimento.

 

Quali strategie possono essere adottate?

I programmi per cercare di arginare l’underachievement rientrano generalmente in due categorie: la consulenza psicologica (individuale o di gruppo), e gli interventi didattici; spesso si utilizza una combinazione di entrambi, che sembra essere l’azione maggiormente efficace. 

Gli psicologi hanno un ruolo chiave nel fornire supporto a questa problematica, cooperando con i genitori, gli insegnanti e gli altri professionisti. Gli aspetti su cui si focalizzano gli interventi sono prevalentemente la stimolazione dell’autoefficacia personale e scolastica, la definizione di un giusto equilibrio tra le performance e le aspettative sociali, lo sviluppo delle proprie risorse, l’accettazione dei propri limiti, e la capacità di porsi obiettivi realistici e raggiungibili (Rimm, 2008). A cui va aggiunta la stimolazione delle competenze socio-emotive, aspetto più che mai centrale in questo delicato periodo di emergenza.

L’ Achievement Orientation Model (AOM) di McCoach e Siegle (2003), prende in considerazione tre aree principali d’intervento: l’autoefficacia, la valutazione degli obiettivi e le percezioni ambientali. Queste tre dimensioni interagiscono tra loro, e secondo gli autori, hanno un ruolo focale nel motivare gli studenti ad autoregolare le proprie azioni, influenzando così il livello di impegno e il raggiungimento dei risultati. Anche in questo caso il contesto sociale più prossimo (coetanei, genitori e docenti) influenza le convinzioni degli studenti rispetto a queste tre aree. 
In generale, gli studenti gifted che non entrano in traiettorie di underachievement, hanno una visione incrementale del loro potenziale (mindset dinamico) e credono di possedere le abilità per poter riuscire in un compito (autoefficacia), apprezzano il compito che stanno affrontando e ne riconoscono il valore (valutazione degli obiettivi), infine confidano che i loro sforzi saranno compresi e sostenuti dagli altri (percezione ambientale). Quando questi tre fattori sono presenti, gli individui riescono a fissare degli obiettivi realistici e sanno autoregolarsi per raggiungerli, mentre, quando anche solo una delle tre aree viene a mancare, o è anche solo percepita come scarsa, il raggiungimento dei risultati ne sarà influenzato negativamente, aprendo la strada al cristallizzarsi della condizione di sottorendimento.

Per poter affrontare direttamente il problema e sviluppare degli interventi appropriati è necessario comprendere gli atteggiamenti degli studenti e il modo con cui appaiono agli occhi degli altri. 
Un recente studio di Siegle e colleghi (2020) ha preso in considerazione le tre aree AOM e ha messo a confronto le convinzioni che gli studenti hanno rispetto a sé stessi e circa le loro abilità, con la percezione che insegnanti e genitori hanno dei loro atteggiamenti. È emerso che le percezioni degli insegnanti erano allineate con la percezione di efficacia e l’autoregolazione degli studenti, ma che il punto di vista sulla valutazione dell’apprezzamento della scuola era differente. Questo ad indicare che non sempre i docenti riescono a percepire e connettersi con i bisogni unici di questi studenti. I risultati dei genitori sono invece risultati essere più in linea con le percezioni degli studenti. I genitori avevano un’idea più realistica delle attribuzioni degli studenti circa la scuola. È opportuno evidenziare che un senso positivo di appartenenza alla scuola è correlato a buone peformance scolastiche.

È molto importante aiutare gli studenti a costruire significati positivi rispetto al loro percorso formativo, sostenerli nel trovare un senso che possa sostenerli nella definizione degli obiettivi a breve, medio e lungo termine, motivandoli a perseverare e a ritrovare la voglia di mettersi in gioco. In questo i docenti hanno un ruolo fondamentale! Attraverso il loro fare, la loro passione per le specifiche aree di apprendimento, possono trasmettere agli studenti il senso di ciò che si studia. Nel caso degli studenti gifted, possono concordare un programma didattico capace di dare le giuste stimolazioni, perché l’impegno di uno studente è maggiore nel momento in cui affronta compiti significativi per lui, all’interno di una relazione di stima e fiducia, in cui si sente accolto.  Se ciò che viene spiegato e studiato ha un valore, un senso, in cui lo studente si riconosce, allora riuscirà a sentirsi motivato e appassionato!

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Siegle, D., DaVia Rubenstein, L., & McCoach, D. B. (2020). Do you know what I'm thinking? A comparison of teacher and parent perspectives of underachieving gifted students' attitudes. Psychology in the Schools.

Siegle, D. (2018). Understanding underachievement. In S. I. Pfeiffer (Ed.), Handbook of giftedness in children: Psychoeducational theory, research, and best practices (2nd ed., pp. 285–297). Springer.

Reis, S. M., & McCoach, D. B. (2000). The underachievement of gifted students: What do we know and where do we go? Gifted Child Quarterly, 44(3), 152–170.

Reis, S. M. (1998). Underachievement for some—Dropping out with dignity for others. Communicator, 29(1), 19–24.

Siegle, D., McCoach, D. B., & Roberts, A. (2017). Why I achieve determines whether I achieve. High Ability Studies, 28(1), 59–72.

McCoach, D. B., & Siegle, D. (2003a). Factors that differentiate underachieving gifted students from highâ€Âachieving gifted students. Gifted Child Quarterly, 47(2), 144–154.

Rimm, S. (2005). Growing up too fact: The Rimm report on the secret world of America’s middle schoolers. Emmaus, PA: Rodale.

Henfeld, M. S., Owens, D., & Moore III, J. L. (2008). Factors that influence young gifted African Americans’ school success: Implications for elementary school counselors. The Elementary School Journal, 108, 392–406. 

Schultz, R. A. (2002). Understanding giftedness and underachievement: At the edge of possibility. Gifted Child Quarterly, 46, 193–208.

Clasen, D. R., & Clasen, R. E. (1995). Underachievement of highly able students and the peer society. Gifted and Talented International, 10(2), 67–75.

Rimm, S. (2008). Why bright kids get poor grades and what you can do about it: A six-step program for parents and teachers (3rd ed.). Scottsdale, AZ: Great Potential Press.

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