artemislab si pone quotidianamente l'obiettivo di aiutare e supportare le famiglie ed il sistema scolastico a identificare, comprendere e sostenere le esigenze particolari degli individui ad alto potenziale cognitivo, offrendo servizi psicologici specializzati a famiglie, insegnanti e bambini/ragazzi gifted e di talento.
Da qualche anno si sente parlare sempre più spesso di bambini/ragazzi gifted, ma sull'argomento vi è ancora un certo alone di mistero... Frequentemente insegnanti, genitori, ma anche specialisti e operatori si interrogano su cosa si intenda effettivamente con il termine “giftedness” o “plusdotazione”.
Il termine anglosassone “gifted” viene tradotto in Italiano con le parole plusdotato, iperdotato o alto potenziale cognitivo (APC) e, a differenza del pregiudizio comune, non sta ad indicare il “genio”.
Nonostante il quoziente intellettivo sia un elemento importante nel processo di identificazione, dobbiamo tenere conto della singolarità dell'individuo: la plusdotazione può essere definita come una complessa costellazione di caratteristiche cognitive, emotive, motivazionali e comportamentali, che necessita di impegno e di opportune condizioni di contesto per svilupparsi, portando così l'individuo a raggiungere livelli di eccellenza in una o più aree di interesse nella cultura di appartenenza. In questa cornice lo sviluppo del potenziale rappresenta quindi una possibilità e non una certezza. Pur non negando il rilevante ruolo della genetica, lo sviluppo del potenziale dipende fortemente dall'interdipendenza dinamica tra l'individuo, i contesti di crescita e i rischi e le opportunità che può incontrare lungo la traiettoria di sviluppo.
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Adolescenti gifted dopo la pandemia: alla ricerca del benessere tra scuola e famiglia
L’adolescenza è un periodo di straordinari cambiamenti, ricco di opportunità ma anche complesso e delicato in cui i ragazzi, gifted e non, sono impegnati nell’affrontare numerosi compiti di sviluppo, il più impegnativo dei quali riguarda l’esplorazione e la definizione della propria identità. Identità che si costruisce attivamente attraverso esperienze sociali e di apprendimento che sostengono l’adoelscente anche nell’iniziare a delineare una traiettoria rispetto al proprio futuro. Negli ultimi due anni l’esperienza della pandemia ha drasticamente modificato la nostra quotidianità. Ci siamo trovati tutti a sperimentare una serie di cambiamenti e sfide emotive che hanno avuto un forte impatto sulle nostre vite, anche a livello psicologico. Non tutti sono riusciti a trovare le risorse per affrontare e navigare in questo periodo complesso senza vivere momenti di significativa sofferenza psicologica. Se tutto ciò ha avuto indiscutibilmente un impatto sugli adulti, possiamo facilmente immaginare che la situazione sia stata ancor più sfidante per i bambini e gli adolescenti obbligati ad adattarsi a richieste e limitazioni molto distanti dai loro bisogni e, se pensiamo alla transizione adolescenziale, poco congruenti con un momento di vita in cui si è naturalmente chiamati a sperimentarsi nell’esplorazione di interessi e relazioni fuori dal contesto domestico. Non abbiamo ancora un’analisi dettagliata e comprensiva che possa darci un quadro esaustivo dell’impatto della pandemia sulla salute psciologica delle fasce più giovani, l’effetto lo potremo vedere sul lungo periodo. Le ricerche che si sono occupate di esplorare il benessere dei giovani durante la pandemia hanno messo in luce che non tutti i ragazzi sono riusciti a trovare le risorse per gestire al meglio questo momento difficile. In particolare, i ragazzi che, per i più svariati motivi (personali, famigliari, sociali), stavano già affrontando un periodo di difficoltà, hanno sviluppato un disagio profondo che, nelle situazioni più delicate e complesse, sembra faticare a risolversi. Specialisti e ricercatori hanno più volte segnalato la preoccupazione per il malessere emotivo e psicologico che i bambini e i ragazzi hanno manifestato: sintomatologia ansiosa, depressione disturbi alimentari e del sonno, manifestazioni di aggressività, disturbi somatici, dipendenza digitale e ritiro sociale, fino alle situazioni più dolorose in cui i ragazzi hanno “attaccato il corpo”. È bene però mantenere uno sguardo alla complessità e ai differenti livelli interpretativi, per non scivolare all’interno di una spiegazione semplicistica causa-effetto; probabilmente, come molti specialisti hanno evidenziato, la situazione pandemica con il cambio di vita che ha imposto, ha semplicemente fatto da detonatore ad una sofferenza che era già presente da tempo nelle fasce più giovani, e che ha origine anche a partire dai cambiamenti del contesto sociale e dalle richieste di una società sempre più competitiva, incapace di dare sicurezze. La sfida della pandemia, sembra aver così legittimato i ragazzi ad esprimere con forza le loro difficoltà, le loro paure e il loro dolore; chiedendo aiuto e risposte al mondo adulto. In primis alla famiglia e alla scuola. Le agenzie educative, a loro volta impegnate nella gestione dell’emergenza, si sono trovate a fronteggiare queste manifestazioni dolorose, non avendo sempre gli strumenti e le forze per ascoltare e contenere la sofferenza, dando risposte ai bisogni espressi dei ragazzi. Quotidianamente durante la nostra attività di consultazione psicologica con ragazzi gifted e non, incontramo adolescenti che hanno un disperato bisogno di trovare delle risposte. Questi ragazzi guardano al futuro desiderando che il senso di incertezza (a volte di paura) e il senso di perdita provati in questo lungo periodo svaniscano, portando con sé tutte quelle emozioni negative che ancora, alcuni di loro, faticano a gestire, nonostante la fase emergenziale sembri essere passata. In realtà, purtroppo, gli strascichi emotivi, relazionali e psicologici che la pandemia sembra averci lasciato sono destinati ad accompagnarci per il prossimo futuro e le ricerche in merito alle conseguenze dei cambiamenti nella didattica, nella vita famigliare e sociale dei ragazzi sembrano dimostrarlo. In Europa e nel mondo le prime ricerche sembrano mostrare un quadro negativo rispetto alle conseguenze che la didattica a distanza (DAD) ha avuto sui ragazzi, ad esempio una ricerca condotta da Save the Children nel 2020 ha mostrato come durante la pandemia circa il 70% dei genitori abbia visto i propri figli più nervosi, tristi, insicuri e con aumentate problematiche del sonno. Un’indagine sui giovani tra i 18 e i 25 anni realizzata da “Sociometrica” per la Fondazione “Italia in salute” ha rilevato che un giovane su tre soffre di sintomi depressivi legati all’emergenza Covid-19 e, in generale, viene messo in evidenza che l’impatto psicologico dell’emergenza è significativo tra i giovani a causa della drastica limitazione della vita sociale. Uno studio canadese condotto dall’università di Calgary ha messo in luce che il 57% degli intervistati tra i 15 e 17 anni considera peggiorata la propria salute psicologica (DefineTheLine, 2020) e uno studio longitudinale inglese ha confrontato lo stato di salute psicologica prima e durante il lockdown in ragazzi nella fascia d’età 16-24 anni, evidenziando che i livelli di stress sembrano essere aumentati di circa il 13% (Pierce et al., 2020). Ancora più critica sembra essere la situazione delineata dalla recente pubblicazione (2021) della “Fondazione Mondino” dell’istituto Neurologico Nazionale di Pavia, la quale mostra un aumento tra gli adolescenti di problemi psicologici gravi e di richieste di ricovero. Purtroppo le misure messe in atto per il contenimento del virus sembrano aver condotto anche ad un aumento dell’abbandono scolastico dovuto all’aggravamento dello stato di stress e ansia tra gli studenti e della mancata risposta della scuola alle loro richieste di aiuto. Durante l’inverno appena trascorso i ragazzi sono scesi in campo pubblicamente, si è verificato un incremento delle occupazioni nelle secondarie di secondo grado al fine di rivendicare i loro diritti e sensibilizzare sulle problematiche sorte in questi anni. Le richieste dei ragazzi non lasciano dubbi sulla loro consapevolezza della situazione: rivendicano un maggiore interesse del mondo della scuola verso il benessere psicologico degli studenti e il loro diritto di pari opportunità, oltre che il diritto all’educazione. Molti studenti dichiarano come nel contesto educativo, in particolar modo con la DAD, il focus delle scuole sia stato quello di trasmettere nozioni, senza comprendere appieno la necessità di ascolto dei bisogni dei ragazzi, supportandoli nella consocenza ed espressione di sé stessi, nella scoperta e condivisione delle proprie potenzialità e aspirazioni. Quali possibili ricadute per gli adolescenti gifted? Considerando il quadro generale appena delineato e l’incertezza che caratterizza il contesto sociale, economico e geopolitico attuale, ci siamo interrogati sull’impatto di questi cambiamenti sugli adolescenti gifted che, come sappiamo, pur nelle differenze dei loro profili, presentano particolari risorse quali la sensibilità, la capacità di problem solving e la creatività. I ragazzi gifted preadolescenti e adolescenti che incontriamo mostrano una profonda consapevolezza delle situazioni e dei loro bisogni, non sempre però riescono a mettere in campo le loro risorse per gestire quelle situazioni frustranti che li mettono in difficoltà a livello emotivo. In particolare il tema della scuola e, più in generale del percorso formativo/professionale sono dei temi molto caldi, che riguardano quasi la totalità dei ragazzi che incontriamo. A seguito degli eventi degli ultimi anni, sono oggi numerosi i contatti di genitori di ragazzi adolescenti che ci chiedono supporto per l’insorgenza di malessere relativo alla scuola che, in alcuni casi sfocia in una forte disaffezione e al drop-out. La punta dell’iceberg in genere la possiamo vedere in relazione all’ underachievement. Come sappiamo l’undearchievement è un fenomeno complesso che ha a che fare con numerose e differenti variabili che riguardano l’interdipendenza tra le caratteristiche della persona e quelle del contesto scolastico e famigliare (Ritchotte et al., 2014). In merito alle variabili individuali che co-occorrono all’insorgenza del problema possiamo avere un marcato tratto di perfezionismo, difficoltà emotive, bassa autostima e/o disturbi dell’ apprendimento non diagnosticati, ma le variabili che sembrano giocare un ruolo centrale nella traiettoria di underachievement sembrano essere principalmente legate ad un fragile senso di autoefficacia, difficoltà di auto-regolazione, e basse aspettative di successo. A livello di contesto scolastico la possibilità di avere accesso ad adeguate stimolazioni in merito all’apprendimento e di essere accolti e compresi dai docenti, nonché la possibilità di sentirsi parte di un gruppo, sono gli aspetti più incisivi. Infatti vi sono studi che hanno messo in luce come l’inserimento di correttivi a livello del contesto scolastico e sociale possono influenzare positivamente lo studente, riducendo il rischio di underachivement e, nei casi più gravi di drop-out scolastico. A livello famigliare i principali fattori protettivi sono legati alla presenza di una famiglia con dei buoni livelli di alleanza educativa genitoriale, comunicazione e flessibilità, nonché ad un atteggiamento di “protezione flessibile” (Scabini, 1995) che da un lato assicura la continuità affettiva della relazione ma, dall’altro, sostiene il giovane nell’esplorazione di sé e del mondo, anche al di fuori dell’abituale “comfort zone”. Siamo in una situazione in cui è importante che i ragazzi siano disposti a correre dei rischi per raggiungere i loro obiettivi e in cui i genitori devono essere disposti a lasciarli rischiare. Questo cambiamento di assetto relazionale, tipico della transizione adolescenziale, è un’impresa congiunta che riguarda l’intero nucleo famigliare perché implica una rinegoziazione della relazione che ha importanti ricadute sui precedenti equilibri legati al binomio connessione-autonomia. Quali strategie possiamo mettere in campo? Capacità metacognitive e funzioni esecutive ben allenate sono strumenti centrali per gestire al meglio gli apprendimenti. Sia a livello scolastico che famigliare consigliamo di sostenere i ragazzi nello sviluppo delle strategie di autoregolazione e di promuovere lo sviluppo di un mindset dinamico, con ricadute positive sull’autoefficacia e l’immagine di sé. È bene inoltre ricordare l’importanza di sostenere i ragazzi ad uscire dalla propria comfort zone, nessuno cresce e migliora senza sperimentarsi e senza rischiare. Per raggiungere degli obiettivi e buoni esiti è necessario essere disposti a lavorare anche in quelle aree in cui non si è sicuri del risultato che si potrà ottenere. È quindi importante incoraggiare i ragazzi a sperimentare, esplorare, considerare nuove possibilità, soprattutto se sono inedite e fanno un po’ paura. Infine, in merito alla scuola ricordiamo ai docenti che cambiare il modo in cui viene veicolata la didattica e aumentare la complessità del compito è sicuramente centrale ma non basta. L’apprendimento ha una forte base emotiva e relazionale, è quindi molto importante coltivare una positiva relazione docente-studente-gruppo classe, condizione che favorisce lo sviluppo di un positivo senso di appartenenza ad un contesto di apprendimento che viene percepito come sicuro, accogliente e stimolante. Riferimenti bibliografici Duraku, Z. H., & Hoxha, N. (2020). The impact of COVID-19, school closure, and social isolation on gifted students’ wellbeing and attitudes toward remote (online) learning. Impact of the COVID-19 Pandemic on Education and Wellbeing; Duraku, ZH, Ed, 130-169. Kaya, F., & Islekeller-Bozca, A. (2021). Experiences of gifted students during the COVID-19 pandemic in Turkey. Gifted Education International, 02614294211069759. Pierce, M., Hope, H., Ford, T., Hatch, S., Hotopf, M., John, A., ... & Abel, K. M. (2020). Mental health before and during the COVID-19 pandemic: a longitudinal probability sample survey of the UK population. The Lancet Psychiatry, 7(10), 883-892. Ritchotte, J.A., Matthews M.S., Flowers C.P. "The validity of the achievement-orientation model for gifted middle school students: An exploratory study." Gifted Child Quarterly 58.3 (2014): 183-198.
Leggi tuttoI disturbi del comportamento alimentare in adolescenza di Elisa Campagnoli
I disturbi del comportamento alimentare (DCA) rappresentano quadri patologici caratterizzati da un persistente e alterato consumo o assorbimento di cibo finalizzato al controllo del peso corporeo. Tali pratiche “autodistruttive” rischiano di compromettere a tal punto le condizioni fisiche e il funzionamento psicosociale delle persone, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito i disturbi del comportamento alimentare una preoccupante minaccia alla salute pubblica, ricordando che tra gli adolescenti, rappresenta ancora la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali. In effetti i dati epidemiologici, anche in Italia, sono allarmanti: circa il 5% della popolazione soffre di un disturbo del comportamento alimentare (Ministero della Salute, 2014). La maggior incidenza si riscontra in età adolescenziale, con un rapporto 9:1 tra femmine e maschi, nonostante si rilevi un incremento significativo di queste patologie anche nel sesso maschile. Da sottolineare è inoltre un progressivo abbassarsi dell’età d’insorgenza, con quadri di disturbi del comportamento alimentare che si sviluppano non solo in preadolescenza, ma addirittura nel corso della prima infanzia. Tra i quadri che attengono l’età adolescenziale e adulta bisogna distinguere tra Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa e il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Binge Eating). Quest’ultimo disturbo in particolare è uno dei nuovi scenari patologici ed è caratterizzato da episodi di voracità incontrollata, che per certi aspetti lo rendono accomunabile all’obesità clinica (anch’essa in constante aumento). Delimitare i confini delle singole diagnosi non è sempre facile, per via della natura mutevole dei sintomi, che nel corso del tempo possono assumere le caratteristiche di uno o dell’altro quadro. Brevemente, però, ricordiamo che ciò che caratterizza i quadri di anoressia e bulimia è principalmente una costante preoccupazione per il peso e per le proprie forme corporee, che si traduce in un’ossessione per la magrezza. Quest’ultima è instancabilmente ricercata dalla paziente anoressica attraverso una restrizione estrema dell’apporto nutritivo, associata a volte, a condotte di compenso, quali iperattività, vomito o uso improprio di diuretici e lassativi. La paziente bulimica invece, a fronte di rigidi periodi di restrizione dietetica, perde il controllo, andando incontro ad episodi di abbuffata compulsiva, con successive modalità di compenso. Queste condotte rendono i disturbi del comportamento alimentare delle patologie serie, all’interno delle quali sono in gioco delicati e precari equilibri psicologici e fisiologici. Le significative alterazioni endocrino-metaboliche ad esempio non devono essere trascurate, in quanto influenzano in modo decisivo l’evoluzione della malattia e determinano dei danni che possono essere irreversibili, soprattutto in età evolutiva. Questo rimanda alla necessità, per queste situazioni cliniche, di trattamenti di carattere multidisciplinare e integrato. Bisogna inoltre rilevare che oggi si parla didisturbo “culture bound”, per via della diffusione di tali quadri prevalentemente nel mondo Occidentale, dove si legano a un discorso sociale e culturale che esalta un ideale estetico fondato sulla magrezza. Oggi infatti facciamo i conti con un’insistenza sempre maggiore, soprattutto a livello mediatico, sull’immagine e sull’efficienza del corpo, quale garanzia di successo individuale. Lo scarto con questi modelli, spesso influenza negativamente il rapporto che le più giovani hanno con il loro corpo e con la loro femminilità, facendo nascere sentimenti di inadeguatezza. Tuttavia sarebbe sbagliato additare il contesto socio-culturale come unico responsabile di patologie tanto complesse. Dietro ai disturbi del comportamento alimentare infatti si cela spesso un disagio profondo della persona, che trova nel corpo e nel cibo un potente strumento per comunicare e far fronte al suo dolore e la sua sofferenza. Il cibo e l’alimentazione diventa così un auto-medicamento, che allontana il dolore, consentendo allo stesso tempo di vivere di un godimento solitario, che esclude tutte le relazioni. Le condotte alimentari infatti assorbono completamente la mente di chi le pratica, funzionando quindi da “anestetico” non solo rispetto alle emozioni negative, ma a ogni esperienza di vita. Il corpo “ideale”, diventa uno schermo, una barriera, che la paziente mette tra se stessa e il mondo, per evitare di rimanere ferita o delusa. Cercare rifugio in un corpo “piccolo” e senza forme, come quello dell’infanzia, perpetua infatti l’illusione di non dover crescere e non dover fare i conti con tutto ciò che nel mondo adulto le spaventa. L’iniziale intento di seguire una banale dieta, per rientrare nei canoni estetici proposti, è solo il preludio di un controllo alimentare che presto diventa ingovernabile e che assorbe completamente la vita della paziente. Il cibo infatti finisce per essere snaturato della sua naturale funzione nutritiva e diventa qualcosa di più complesso e sfaccettato, che si intesse con la storia personale e relazionale della ragazza. Il cibo diventa cioè uno strumento attraverso il quale esprimere e fronteggiare in maniera distorta le proprie emozioni, iscrivendosi in dinamiche relazionali che chiamano in causa tutti i legami significativi di quella persona. Per questo le iniziali manifestazioni del malessere delle più giovani si possono dispiegare all’interno del contesto scolastico, dove talvolta si presentano le prime difficoltà con i pari o con gli insegnanti. Il contraccolpo più duro tuttavia lo subisce la famiglia, all’interno della quale sembrano saltare tutti gli equilibri. La sregolatezza di uno dei suoi membri infatti confonde e spaventa profondamente tutti gli altri, mettendo alla prova anche il legame affettivo che li unisce. I genitori in particolare si sentono “in scacco”: terrorizzati dai rischi che corrono le loro figlie, o negano il problema, facendo finta di non vedere, oppure si colpevolizzano, diventando schiavi del sintomo della figlia. La scommessa nel percorso di cura è quello di trovare una soluzione alternativa al sintomo, che consenta alla giovane di uscire dal rapporto distorto con il cibo, per promuovere modalità più funzionali di far fronte alla sofferenza. La sfida è quello di trasformare la “crisi” in una potenziale crescita per la persona, per il suo nucleo familiare e per il suo contesto di vita.
Leggi tuttoI segnali precoci di plusdotazione: i genitori come osservatori speciali
Come sappiamo non c’è consenso tra gli studiosi su quale sia la definizione di plusdotazione rispetto a nessuna età, ma sappiamo che i segni di plusdotazione nei bambini piccoli sono principalmente legati alla loro precocità nel raggiuggimento di alcune tappe miliari dello sviluppo, e alla velocità con cui acquisiscono conoscenze in uno o più domini di esperienza. Questi bambini, fin dalla più tenera età, si differenziano dai loro coetanei perché imparano più velocemente e precocemente, spinti da una forte curiosità che cercano di colmare anche in modo autonomo. Inoltre, spesso, durante i primi colloqui conoscitivi i genitori ci riferiscono che i loro figli, fin da piccoli, hanno mostrato la capacità di fare connessioni complesse, e pensieri particolarmente innovativi che sono paragonabili a quelli di bambini più grandi. Spesso queste peculiarità si combinano con un’elevata sensibilità, un’ottima abilità di osservazione, un profondo senso di giustizia e precoci riflessioni su aspetti etico-morali o tematiche di carattere sociale che, in certi bambini, possono provocare manifestazioni emotive molto intense, non facilmente gestibili dagli adulti di riferimento. L’osservazione dei genitori dei bambini in età prescolare è una prima importante risorsa che consente allo specialista di iniziare a delineare la cornice ambientale in cui si manifesta ed emerge il profilo di plusdotazione. Le considerazioni, le valutazioni e anche le sensazioni dei genitori sono in genere molto realistiche rispetto alla possibile presenza di un profilo di plusdotazione, e forniscono preziosi indizi utili per l’identificazione del bambino gifted. I genitori sono una risorsa preziosa nell’identificazione precoce della plusdotazione dei loro figli poiché hanno la possibilità di osservarli e analizzare il loro comportamento in molteplici contesti, sia formali che informali: quando giocano da soli e nelle situazioni in cui interagiscono con i pari, con gli adulti o con bambini più grandi (Silverman et al., 1986). La letteratura più recente conferma il punto di osservazione privilegiato della famiglia da cui lo specialista non può prescindere per effettuare un percorso di scoperta del potenziale che sia efficace anche nei casi in cui il bambino sia molto piccolo. Non ci stancheremo mai di ripetere che l’identificazione precoce del quadro di plusdotazione è un elemento prezioso per garantire prospettive di sviluppo positive, il benessere globale del bambino e la conseguente realizzazione del potenziale. Di contro la mancata identificazione della giftedness non permette ai genitori e agli insegnati la messa in atto di interventi necessari per supportare il piccolo rispetto ai suoi peculiari bisogni emotivi e di apprendimento. Il mancato riconoscimento di tali caratteristiche può comportare in età scolare e soprattutto nei momenti di passaggio tra un ciclo e l’altro, la manifestazione di difficoltà come, ad esempio, un atteggiamento negativo verso la scuola, noia, underachievement, problemi relazionali ed emotivi (Assouline et al., 1997). A prescindere dalla questione scolastica, il sostegno della famiglia e la comprensione delle caratteristiche del bambino gifted da parte degli adulti significativi, sono fattori protettivi centrali per lo sviluppo dell'identità e il benessere del bambino plusdotato (Gross, 1993). I bisogni socio-emotivi non possono essere soddisfatti pienamente se scegliamo di ignorare il fatto che il bambino sia gifted . Vi sono studi longitudinali che hanno messo in evidenza come i segnali della plusdotazione possano essere riscontrabili fin dal primo anno di vita (Gottfried et al., 2006; Ruf, 2005). Uno dei segnali di precocità maggiormente citati riguarda lo sviluppo linguistico avanzato anche se, come sappiamo, non è l’unico elemento, e non sempre è presente in tutti i profili di sviluppo dei bambini gifted. I genitori in genere osservano anche un'insolita curiosità per svariati argomenti, spesso non tipici per l’età, che portano il bambino a fare tante domande di approfondimento, anche molto complesse. Vengono poi osservati elementi quali un'insolita memoria, capacità di ragionamento astratto, creatività, capacità di cogliere i dettagli, e un senso dell'umorismo insolito per l’età. Gli indici di QI sono sicuramente utili a cogliere alcuni aspetti del bambino ma non sono sufficienti per dare conto della complessità della sua identità, e di come le opportunità che ha avuto, gli stimoli e lo stile educativo a cui stato esposto a casa e a scuola, abbiano interagito con le sue caratteristiche di personalità, contribuendo allo sviluppo di una traiettoria di crescita unica e peculiare. Quando i bambini sono molto piccoli è più che mai necessario integrare la valutazione tramite strumenti standardizzati con osservazioni puntuali da parte delle figure di riferimento. In letteratura sono state stilate delle chcklist per aiutare i genitori o gli insegnanti ad indentificare in modo precoce le caratteristiche dei bambini gifted. Qui di seguito la lista di caratteristiche messa a punto da Linda Silverma (Silverman, 1993): 1. Buone capacità di problem solving ragionamento 2. Capacità di apprendimento rapido 3. Vocabolario ampio 4. Ottima memoria 5. Mantengono a lungo l’attenzione 6. SensibilitàÌ€ molto intensa 7. Compassione per gli altri 8. Perfezionismo 9. Intensità 10. Sensibilità morale 11. Forte curiosità 12. Perseveranza nelle aree di interesse 13. Molta energia 14. Preferisce i compagni più grandi 15. Ampia gamma di interessi 16. Grande senso dell'umorismo 17. Lettore precoce o accanito 18. Grande senso di equità e giustizia 19. A volte appare maturo per la sua età 20. Ha spiccate capacità di osservazione 21. Ha un’immaginazione vivida 22. È molto creativo 23. Tende a mettere in discussione l'autoritàÌ€ 24. Abile con i numeri 25. Bravo con i puzzle In un altro studio (Harrison, 2004) si è proposto di indagare la natura del pensiero dei bambini plusdotati nella prima infanzia facendo emergere che ciò che caratterizza in prevalenza i soggetti gifted sin da piccoli è la continua ricerca della complessità e delle connessioni tra pensieri, fatti, eventi. Sono state inoltre elencate una serie di caratteristiche primarie che si riferiscono ad approcci e processi cognitivi, interessi e risultati e includono le seguenti categorie: 1. curiosità, 2. motivazione intrinseca; 3. memoria eccezionale; 4. creatività; 5. formulazione di ipotesi di ricerca e sperimentazione di teorie; 6. conoscenza avanzata di concetti e processi di alfabetizzazione e calcolo precoci; 7. rappresentazione visiva avanzata e dettagliata. L’identificazione precoce dell’alto potenziale è ritenuta un fattore protettivo poiché permette di ridurre le difficolta che il bambino potrebbe riscontrare nel suo percorso ma è necessario sottolineare che non si possono attribuire le stesse caratteristiche a tutti i bambini gifted poiché ogni individuo differisce per fattori legati alla personalità e all’ambiente nel quale è immerso. Nel nostro lavoro di consulenza alle famiglie dei piccolissimi, accompagniamo i genitori in questo percorso di scoperta del loro bambino e di loro stessi. Bibliografia Assouline, S. G., & Lupkowski-Shoplik, A. (1997). Talent searches: A model for the discovery and development of academic talent. In N. Colangelo & G. A. Davis (Eds.), Handbook of gifted education (2nd ed., pp. 170-179). Boston: Allyn and Bacon. Chamrad, D. L., & Robinson, N. M. (1986). Parenting the Intellectually Gifted Preschool Child. Topics in Early Childhood Special Education, 6(1), 74–87. https://doi.org/10.1177/027112148600600110 Gottfried, A. W., Gottfried, A. E., & Guerin, D. W. (2006). The Fullerton longitudinal study: A long-term investigation of intellectual and motivational giftedness. Journal for the Education of the Gifted, 29(4), 430–450. https://doi.org/10.4219/jeg-2006-244 Gross, M. U. M. (1993). Exceptionally gifted children. Routledge. https://doi.org/10.1111/j.0021-8774.2005.00541.x Harrison, C. (2004). Giftedness in early childhood: The search for complexity and connection. Roeper Review, 26(2), 78–84. https://doi.org/10.1080/02783190409554246 Hodge, K. A., & Kemp, C. R. (2000). Exploring the nature of giftedness in preschool children. Journal for the Education of the Gifted, 24(1), 46–73. https://doi.org/10.1177/016235320002400103 Ruf, D. L. (2005). Losing our minds: Gifted children left behind. Great Potential Press, Inc.. Silverman, Linda K., Chitwood, D. G., & Waters, J. L. (1986). Young Gifted Children: Can Parents identify Giftedness? Topics in Early Childhood Special Education, 6(1), 23–38. https://doi.org/10.1177/027112148600600106 Silverman, Linda Kreger. (1993). Characteristics of Giftedness Scale : Research and Review of the Literature. Gifted Development Center, 1–9.
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artemislab è un progetto che mira all'individuazione e al supporto dei soggetti gifted e di talento, fa parte del piano più ampio di innovazione nell'ambito della salute psicologica della start up innovativa noah – innovation for health. Il laboratorio, attraverso un lavoro in team interdisciplinare, si propone di progettare e attivare percorsi di identificazione e di supporto allo sviluppo del potenziale fortemente innovativi, evidence based, che possano essere implementati anche attraverso l'uso delle nuove tecnologie. Attenzione particolare viene data all'intervento sia individuale che familiare su bambini, giovani e adulti ad alto potenziale cognitivo e gifted; infatti il team clinico ha maturato nel corso degli anni una rilevante expertise in questo ambito, attraverso lo sviluppo e l'implementazione di interventi mirati al supporto clinico e psicoeducativo.
Non ci fermiamo alla sola valutazione del quoziente intellettivo, che è solo u tassello del complesso quadro che rappresenta la singolarità dell'individuo, riteniamo centrale la comprensione globale della persona e dei suoi contesti più prossimi, in una prospettiva di promozione delle risorse.
Il nostro modello di riferimento ha una matrice sistemico-relazionale ed integra al suo interno il modello d'intervento orientato alla resilienza, l'approccio immaginativo e la gamification.
Abbiamo un atteggiamento curioso verso la complessità dell'individuo e dei suoi contesti di vita primari, che vediamo come portatori di risorse da elicitare ed integrare per rispondere ai momenti di stress e/o difficoltà. Il nostro sguardo e le nostre azioni sono orientati a promuovere interventi che mirano a sviluppare il potenziale positivo delle persone e dei contesti in cui crescono (es. famiglia, scuola, quartiere, ecc.), al fine di favorire lo sviluppo dei fattori protettivi. Particolare cura viene data allo sviluppo armonico degli aspetti cognitivi ed emotivo-relazionali.
I nostri interventi hanno come obiettivo la tutela e la promozione della salute del singolo e della famiglia nel rispetto della loro unicità. Proprio per questo ogni percorso che proponiamo viene pensato e costruito ad hoc sui bisogni emergenti del singolo e della famiglia, al fine di tutelare e promuovere la salute di tutto il nucleo familiare.
I target delle azioni proposte sono bambini, adolescenti, giovani adulti e adulti ad alto potenziale cognitivo e di talento che necessitano di essere accompagnati a scoprire le proprie risorse e/o ad affrontare un momento di cambiamento e/o vulnerabilità.
Molti dei bambini ragazzi che incontriamo mostrano risorse straordinarie in aree come la matematica, la scienza, la scrittura, il problem-solving e la creatività, il ragionamento verbale e/o visuo-spaziale, le competenze emotive e la leadership, nonché il talento sportivo, artistico o musicale. Non tutti però riescono ad esprimere appieno il potenziale di cui sono dotati, in certi casi perché stanno vivendo un momento di difficoltà e necessitano di essere riconosciuti e sostenuti. Proprio per questo diamo sempre grande rilievo al coinvolgimento della famiglia e della scuola. I genitori ed i docenti sono quindi a loro volta target delle nostre azioni.
Per accedere ai nostri servizi i bambini/ragazzi non devono necessariamente essere stati identificati e certificati come plusdotati, Infatti ci focalizziamo anche su quegli individui che, per le motivazioni più disparate sembrano avere un potenziale “latente”, che necessita delle giuste stimolazioni per potersi esprimere appieno. Un caso tipico riguarda i bambini/ragazzi che presentano una doppia eccezionalità che limita l'espressione del potenziale, soprattutto in ambito scolastico.
Lavoriamo per piccoli step, al fine di fare i passi giusti senza sovraccaricare i bambini. Abitualmente il percorso si sviluppa attraverso 3 passaggi principali ma, sulla base delle specifiche esigenze, il percorso può riconfigurarsi rispetto alle procedure e alle tempistiche. Il nostro modo di operare ci porta a cucire il più possibile l'intervento sullo specifico bambino, diventa perciò fondamentale un approfondito confronto con i genitori. La nostra procedura prevede perciò che venga svolto un primo incontro di consulenza con la coppia genitoriale, finalizzato all'analisi della domanda e alla comprensione della specifica situazione. Sulla base dei contenuti che emergeranno durante l'incontro, i genitori verranno accompagnati e sostenuti nella scelta del percorso più opportuno da intraprendere.
Abitualmente il percorso di scoperta del potenziale viene suddiviso in due momenti, il primo dei quali è dedicato all'incontro con la famiglia e il bambino, a cui si aggiunge l'esplorazione degli indicatori, comportamentali, emotivo-relazionali, familiari e, ove possibile, scolastici. Questo passaggio ha la finalità di esaminare in modo approfondito i livelli di osservazione individuale, familiare e sociale, nonché un primo indicatore cognitivo.
A questo punto si valuterà l'opportunità di consigliare ai genitori di proseguire il percorso con il secondo momento che prevede l'assessment del potenziale attraverso la somministrazione di tutta la batteria per la valutazione del funzionamento cognitivo.
Quando riteniamo che il bambino non sia pronto sostenere l'asssessment o che non ci siano i presupposti, invitiamo la famiglia a non proseguire. Restituiamo comunque ai genitori un feedback con delle indicazioni su quanto emerso e sugli interventi che a nostro avviso potrebbero essere utili al benessere del bambino e della famiglia.
I bambini/ragazzi ad alto potenziale devono affrontare sfide di sviluppo uniche, profondamente connesse ai loro doni e al modo in cui i pari e la società li percepisce. Presso il nostro centro è possibile accedere a percorsi di consulenza psicologica e psicoterapia, individuale e di gruppo, utili a stimolare l'utilizzo delle proprie risorse per attivare strategie di fronteggiamento, funzionali ed efficaci, rispetto alle situazioni quotidiane che si configurano come fattori di stress. Tra le questioni per cui più comunemente viene richiesto il nostro aiuto troviamo:
situazioni di malessere psicologico legate alla difficoltà nel gestire le emozioni negative che originano dal conflitto tra i propri bisogni di apprendimento e le proposte didattiche che nei casi più complessi possono portare a manifestazioni psicosomatiche, underachievement, disaffezione scolastica fino all'interruzione del percorso di studi;
situazioni di malessere psicologico legate a sentimenti di solitudine e inadeguatezza legati alla difficoltà di entrare in relazione con i pari, condividendo con loro il proprio modo di percepire il mondo e i propri interessi. Questa difficoltà sembra farsi maggiormente sentire in adolescenza, dove il desiderio di appartenere al gruppo può portare il/la ragazzo/a a provare sentimenti ambivalenti verso sé stesso/a, i propri valori ed interessi. Sono inoltre frequenti situazioni di sofferenza legate a dinamiche di gruppo disfunzionali e prevaricazione tra pari, che esacerbano la situazione di isolamento;
situazioni di malessere psicologico connesse alla difficoltà a gestire la frustrazione e nel regolare i vissuti emotivi. Inoltre nei casi in cui il bambino /ragazzo presenta elevati livelli di perfezionismo e aspettative molto alte verso le proprie performance, può innescarsi una spirale negativa che va a ledere l'autostima e l'autoefficacia percepita, con conseguente ritiro dalle relazioni e disaffezione verso gli apprendimenti;
situazioni di ritiro sociale accompagnate da un eccessivo utilizzo dei device tecnologici;
supporto rispetto alla confusione che la transizione adolescenziale porta con sé. Accompagniamo i/le ragazzi/e a riflettere sui propri bisogni e ad intessere l'intricata ed affascinante maglia della propria identità;
situazioni in cui i/le ragazzi/e chiedono il nostro aiuto per orientarsi rispetto al percorso scolastico o professionale.
I genitori dei bambini ad alto potenziale devono affrontare sfide uniche legate alle specifiche peculiarità che la plusdotazione porta con sé. Non è semplice crescere un bambino appassionato e curioso che appare un piccolo adulto rispetto alle capacità di ragionamento e al modo in cui si esprime, ma che spesso fatica a gestire le proprie emozioni, la frustrazione e le relazioni. Inoltre, per i genitori, può essere faticoso gestire la pressante richiesta di stimoli, legate al profondo desiderio di conoscenza che manifesta il bambino.
La questione si fa ancora più complessa quando in famiglia ci sono più figli. Proprio per questo, a differenza dei pregiudizi comuni, molti genitori si sentono impreparati nell'affrontare il proprio ruolo, si sentono soli e spesso si trovano ad investire tantissime energie sul bambino ad alto potenziale. Questi aspetti possono essere fonte di stress.
Proprio per questo abbiamo sperimentato e avviato un percorso di gruppo per genitori, finalizzato al supporto e all'attivazione positiva delle risorse. Il percorso tratta specifiche tematiche relative alla gestione del bambino/ragazzo ad alto potenziale.
Presso il nostro centro è inoltre possibile accedere ad incontri di consulenza genitoriale e terapie di supporto per i genitori che sentono il bisogno di riflettere sulle caratteristiche della relazione con i propri figli, anche alla luce della propria esperienza, e al fine di migliorare l'alleanza educativa.
Le tematiche che maggiormente ci portano i genitori riguardano:
difficoltà nel gestire la spiccata sensibilità e l'emotività del bambino/ragazzo;
preoccupazioni in merito alla disaffezione scolastica e alla mancanza di motivazione del/della figlio/a;
difficoltà nel gestire la doppia eccezionalità del/della figlio/a;
difficoltà nel costruire un'alleanza educativa nella coppia genitoriale e, di conseguenza nel mettere in atto strategie educative mirate e nel gestire i limiti;
difficoltà nel gestire le dinamiche familiari, in particolare quelle tra fratelli/sorelle;
difficoltà a mantenere un giusto equilibrio tra l'investimento nel ruolo di genitore e i propri spazi personali, anche legati alla coppia;
gestione delle emozioni connesse all'affrontare tematiche identitarie che emergono nel rispecchiamento con il/la figlio/figlia, che spingono il genitore a rivalutare le proprie scelte ed il proprio percorso di vita;
difficoltà nel costruire una solida alleanza educativa con la scuola.
Quando il profilo cognitivo a fronte di straordinarie capacità relative all'abilità generale del bambino /ragazzo, mostra delle fragilità importanti rispetto alle funzioni esecutive di base quali, attenzione, memoria e pianificazione, al fine di sostenere il bambino/ragazzo negli apprendimenti, è possibile accedere a specifici percorsi di training cognitivo. Ciascun percorso, si configura come un allenamento delle abilità cognitive, e viene costruito ad hoc sulle peculiari caratteristiche ed i bisogni del bambino/ragazzo; l'obiettivo è quello di aiutare l'individuo ad utilizzare al massimo le proprie risorse per avere maggiore consapevolezza ed un maggiore controllo sulle attività quotidiane e sulle sfide scolastiche.
I protocolli d'intervento che offriamo si avvalgono dell'uso di strumentazioni tecnologiche innovative, finalizzate a massimizzare gli effetti del training.
I docenti lavorando in prima linea con bambini/ragazzi e le famiglie si trovano spesso nella condizione di dover gestire, all'interno di classi spesso numerose e con poche risorse a supporto, la complessità di storie peculiari e bisogni specifici in un'ottica inclusiva, questo può esser fonte di stress e sentimenti di disagio.
Il benessere del docente è un elemento importantissimo e noi lo abbiamo a cuore. Proprio per questo ci occupiamo di sostenere l'operato dei docenti attraverso incontri di consulenza individuale e/o percorsi di supervisione in piccolo gruppo, finalizzati ad approfondire le situazioni di difficoltà e ad individuare opportune strategie di risoluzione, sostenendo l'attivazione di risorse utili al gruppo classe, nella relazione con gli studenti e con i colleghi. L'attività si svolge presso le nostre sedi e, quando ci è richiesto, nella sede della scuola.
Psicologi, psicoterapeuti e operatori che a vario titolo si occupano dei bambini/ragazzi ad alto potenziale, possono richiedere colloqui di supervisione individuali e/o di gruppo, finalizzati alla riflessione e al supporto nella gestione di uno o più casi incontrati nella propria pratica professionale.
L'incontro di supervisione si configura come uno spazio di confronto dove sviluppare insieme delle riflessioni pratico-operative per gestire al meglio i momenti di difficoltà.
Su esplicita richiesta progettiamo e organizziamo corsi di formazione e seminari per psicologi e docenti sulle tematiche psicologiche connesse allo sviluppo del potenziale.
Riteniamo fondamentale poter essere sempre aggiornati sugli sviluppi della ricerca in ambito evolutivo e clinico.
Collaboriamo con centri di ricerca nazionali ed internazionali al fine di sviluppare sempre nuove conoscenze e competenze per rendere i nostri programmi d'intervento innovativi ed efficaci. Partecipiamo a progetti di ricerca e pubblichiamo articoli scientifici che riguardano le tematiche su cui lavoriamo.
La nostra mission è quella di supportare i bambini e ragazzi ad alto potenziale e le loro famiglie, al fine di creare un ambiente in cui il potenziale di ognuno possa svilupparsi, ed essere sostenuto, attraverso stimolazioni che danno il giusto spazio alla cura dello sviluppo socio-emotivo, e a esperienze di relazione equilibrate e solide.
Le riflessioni scientifiche e la nostra esperienza sul campo, ci permettono di evidenziare come il confronto tra pari e lo scambio emotivo-relazionale rivestono un ruolo centrale per sostenere i bambini/ragazzi gifted e di talento nello sviluppare consapevolezza delle proprie capacità e la motivazione per svilupparle. Inoltre le esperienze di relazione permettono di imparare a conoscere e gestire, in modo costruttivo, anche il limite e la frustrazione che possono derivare da un errore, dall'insuccesso o dal confronto con l'altro e il gruppo.
Per questo motivo abbiamo ideato, secondo il nostro modello di lavoro orientato alla resilienza, esperienze di gruppo, strutturate in laboratori tematici in cui l'interazione e il confronto con individui che hanno uno sguardo sul mondo simile e vivono le medesime esperienze divengono strumenti efficaci per fare positive esperienze di relazione, per poter esprimere se stessi, e per individuare le strategie per affrontare i momenti di difficoltà e stress.
Responsabile clinico, ricerca e sviluppo
Sono psicologa-psicoterapeuta sistemico relazionale, dottore di ricerca in psicologia e danzaterapeuta.
Dal 2005 collaboro come docente all'Università di Pavia, dove attualmente, per il Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento, sono professore a contratto di Psicologia dell'Adolescenza al corso di laurea magistrale in Psicologia, e di Psicologia Sociale al Corso di Laurea in Terapia della Neuro e Psicomotricità dell'Età Evolutiva e per il corso di Studi in Logopedia.
Esperta in assessment del potenziale
Sono Psicologa-Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale, mi sono formata come psicologa presso l'Università degli Studi di Cagliari, laureandomi con lode, attraverso la stesura di una tesi sperimentale dal titolo "Il compito parola-colore di Stroop come reattivo per lo studio dell'attenzione nei bambini dai 6 ai 10 anni"; ricerca portata avanti per due anni e che ha coinvolto circa 500 bambini frequentanti le scuole primarie dell'hiterland cagliaritano.
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Steven Pfeiffer è Professore Emerito alla Florida State University, dove è stato Professore e Direttore del percorso di Training Clinico per psicologi. In precedenza è stato Professore alla Duke University e direttore del Duke's gifted program, TIP. Inoltre è stato Direttore del Devereux's Institute of Clinical Training & Research, con sede in Villanova, PA, dove ha collaborato presso l'Università della Pennsylvania (Penn) con la Facoltà di Medicina e con la School of Education.
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Maureen Neihart, è una psicologa clinica, con più di 30 anni di esperienza nella consulenza con i bambini plusdotati e le loro famiglie. È professore associato presso il National Institute of Education (NIE) di Singapore.
È autrice di numerosi libri, tra cui The Social and Emotional Development of Gifted Children: What do we Know?, che viene diffusamente utilizzato nei programmi di formazione universitari in Gifted Education.
Specializzanda
Sono Dottoressa in Psicologia. Mi sono laureata in Scienze e Tecniche Psicologiche presso l'Università degli Studi di Milano-Bicocca; da sempre affascinata dal mondo dell'arte e da tutto ciò è espressione di Sè, ho svolto una tesi sperimentale centrata sulla percezione dell'illusione di Poggendorff nelle rappresentazioni artistiche, esaminando in particolar modo il pannello centrale del trittico di P. P. Rubens, intitolato Deposizione dalla croce. A settembre 2019 ho conseguito il titolo di Laurea Magistrale in Psicologia presso l'Università degli Studi di Pavia, a pieni voti.
Leggi tuttoSpecializzanda
Sono Dottoressa in Psicologia. Ho conseguito la Laurea triennale in Scienze e Tecniche Psicologiche presso l'Università degli Studi di Pavia, con una tesi avente oggetto lo stress in gravidanza e le possibili implicazioni per il bambino durante lo sviluppo; a settembre 2018 ho conseguito la Laurea Magistrale in Psicologia, a pieni voti, presso l'Università degli Studi di Pavia, svolgendo una tesi in ambito sperimentale in cui mi sono occupata di esplorare i bisogni dei familiari di persone affette da dipendenza, con particolare attenzione al punto di vista della figura paterna.
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