news

notizie & lenti di osservazione

11/2/2020

Plusdotazione, disattenzione e iperattività... il rischio di un'errata diagnosi

di Roberta Renati, PhD
Psicologa-Psicoterapeuta Artemislab

Le ricerche in ambito internazionale hanno messo in luce che, nella maggior parte delle situazioni, i bambini plusdotati sono felici, ben adattati e non mostrano una maggiore vulnerabilità rispetto ai loro pari che presentano uno sviluppo tipico. In particolare, alcuni studiosi hanno evidenziato come questi individui possiedano alcuni fattori protettivi tipici delle persone resilienti, come ad esempio il senso dello humor, la creatività, alti livelli di intelligenza emotiva e di moralità, l’attitudine ad essere curiosi, nonché eccellenti abilità di problem solving. Questa predisposizione positiva, non rappresenta però una tutela rispetto alla possibilità che possano emergere difficoltà, soprattutto quando l’individuo si trova ad interagire con determinare situazioni personali e/o di contesto. Infatti, va ricordata la necessità di avere sempre in mente la centralità dell’interazione dinamica e circolare, tra i contesti di vita, più o meno prossimi all’individuo, e le sue caratteristiche individuali.

Per esempio un bambino piccolo, molto precoce e veloce negli apprendimenti, che si trova inserito in un contesto scolastico poco stimolante rispetto al suo bisogno di acquisizione delle conoscenze, potrebbe non riuscire a gestire la frustrazione e le proprie emozioni, mettendo in atto azioni di disturbo, manifestando irrequietezza motoria, comportamento oppositivo e disattenzione. Questo atteggiamento, se non prontamente riconosciuto e opportunamente gestito, nel tempo, potrebbe condurre al cristallizzarsi della situazione disfunzionale, portando gli adulti che ruotano intorno alla quotidianità del piccolo a costruire idee errate sul suo comportamento, sino ad ipotizzare la presenza di problematiche significative che oltre a richiedere una diagnosi ed una presa in carico adeguata, potrebbero indurre il bambino stesso a costruirsi un’idea errata di sé stesso e dei propri agiti; producendo così un circolo vizioso che alimenterebbe il malessere di tutti gli attori coinvolti nella situazione.

La letteratura clinica nell’ambito della plusdotazione, mette in guardia sul rischio di applicare ai bambini plusdotati etichette diagnostiche errate, in primis a causa di pregiudizi e/o insufficienti conoscenze sul loro modo di funzionare.  In particolare, alcuni comportamenti tipici dei bambini/ragazzi plusdotati, possono essere erroneamente interpretati come segnali di patologia da un occhio poco esperto. 

L’intensità, la sensibilità, l’impazienza e l’alta attivazione motoria che possono presentare i bambini ad alto potenziale possono essere facilmente confuse con aspetti tipici del “Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività” (DDAI, in inglese ADHD), questo disturbo può presentarsi con una prevalenza di problematiche attentive o con la presenza di un forte tratto di impulsività unito all’iperattività o, infine come una combinazione di entrambi i profili. Tuttavia, nonostante alcuni aspetti possano sembrare sovrapponibili, le problematicità comportamentali connesse all’DDAI sono caratterizzate da una pervasività di tipo trasversale, che incide contemporaneamente su più ambiti di vita e che non rispecchia il funzionamento del bambino ad alto potenziale. Infatti, nonostante i bambini plusdotati possano presentare a scuola tratti comportamentali simili a quelli comuni negli individui che presentano DDAI, non li mostrano a casa e/o in altri contesti (per es. durante una visita ad una mostra). Questo perché, in tali occasioni, sono interessati, gratificati e/o motivati dall’attività svolta.

Un’attività o un contesto percepito dal bambino plusdotato come privo di interesse e stimolazione, darà spazio a sentimenti di noia e frustrazione che, come è stato detto all’inizio del nostro discorso, il bambino potrebbe non essere in grado di gestire a causa della presenza di un gap significativo tra il suo potenziale cognitivo e la capacità fronteggiare la frustrazione e di regolare le emozioni. Questo è particolarmente evidente nei bambini più piccoli.

In generale i bambini plusdotati mostrano performance positive quando sono interessati, motivati e quindi coinvolti nel compito da svolgere. Comportamenti disfunzionali potrebbero essere dovuti alla mancanza di stimolazione e di sfide adeguate, infatti, di fronte a situazioni poco interessanti il bambino potrebbe tendere ad utilizzare come strategia di gestione alcune forme di auto stimolazione per combattere la noia, come ad esempio distrarsi sognando ad occhi aperti, immergersi totalmente nella lettura, muoversi fisicamente o mettere in atto azioni disturbanti per la classe.

Gli intensi livelli di energia riscontrabili nei bambini ad alto potenziale non sono disorganizzati, come spesso accade per l’DDAI, bensì sono finalizzati e diretti verso obiettivi specifici. Questa grande intensità permette ai bambini ad alto potenziale di investire molte energie in qualcosa che coincide con il loro focus di interesse, che spesso è diverso da quello che insegnanti e genitori vorrebbero che fosse.

Questa capacità del bambino plusdotato di immergersi in un compito non è da confondere con l’iperfocalizzazione che consente al bambino che presenta DDAI di concentrarsi in modo inusuale ed intenso in una specifica attività, caratterizzata dalla presenza di eventi rapidi ed altamente attrattivi, come ad esempio film d’azione, eventi sportivi o videogiochi.

È però bene precisare che DDAI e plusdotazione, tuttavia, non necessariamente si escludono vicendevolmente: alcuni bambini ad alto potenziale possono, infatti, presentare un concomitante disturbo da deficit di attenzione/iperattività. Tale fenomeno rientra nel concetto più esteso di “doppia eccezionalità” utile a definire il profilo di individui che presentano contemporaneamente un quadro di plusdotazione ed una fragilità in una specifica area, che comporta la presenza di uno scarto significativo tra le capacità dello studente e le sue performance scolastiche, che possono risultare carenti o insufficienti.

Infine è importante mettere in evidenza anche la possibilità di una mancata diagnosi che può verificarsi nei casi in cui l’elevato potenziale cognitivo dell’individuo riesce a compensare la presenza di una difficoltà, che rischia così di non essere individuata e trattata in tempo, come ad esempio un disturbo specifico dell’apprendimento. 

Per comprendere i comportamenti manifestati e delineare un profilo dei bisogni del piccolo, promuovendo interventi a supporto del suo sviluppo armonico è quindi necessaria una valutazione approfondita, in cui si auspica l’avvio di un lavoro di rete tra i professionisti che ruotano intorno al bambino, la scuola e la famiglia.

 

Tutti i diritti sono riservati a norma di legge, è vietata la copia e la riproduzione totale o parziale del testo in qualsiasi forma, senza la previa autorizzazione da parte di Noah -Innovation for health-.

keyboard_arrow_up